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FRANCESCO GUARINI
(Solofra 1611 – Gravina di Puglia 1651)
 
 
Carità romana
olio su tela, cm. 133x107
 
Inedito e in ottimo stato di conservazione dopo essere stato evidentemente sottoposto a un accurato intervento di pulitura dell’originaria superficie cromatica, il dipinto raffigura un episodio che sarebbe avvenuto nell’antica Roma e che è narrato nel Factorum et dictorum memorabilium libri IX dello storico romano Valerio Massimo: una donna, di nome Pero, allatta segretamente il padre Cimone, incarcerato e condannato a morte per fame; scoperta da un secondino, per il suo atto di generosità viene concesso dai funzionari responsabili il rilascio del padre. L’episodio, probabilmente leggendario, era considerato esemplare di pietas (generosità filiale) e di onore romano.
Per evidenti affinità nella resa formale e nella trattazione pittorica di alcune tele con ‘mezze figure’  femminili assegnate dalla critica moderna a Francesco Guarini verso e dopo il 1640 (la Santa Lucia già presso la Galleria ‘La Pinacoteca’ di Napoli; la Giuditta con la testa di Oloferne già presso Bonhams a Londra; la Santa Cristina della Pinacoteca Civica di Pesaro; la coppia con Santa Lucia e con Sant’Agnese della Cassa di Risparmio di Calabria e Lucania in esposizione presso La Pinacoteca Nazionale di Cosenza; la Sant’Apollonia  in coppia con la Santa Barbara di due diverse raccolte private; la Sant’Agata del Museo di Capodimonte a Napoli); ma anche con altre figure dipinte per intero da Guarini (un tempo indicato anche come Guarino) in varie composizioni degli stessi anni: come, in particolare, quella della Madonna rappresentata nella tela della Kunsthaus di Zurigo con la Sacra Famiglia che presenta Gesù Bambino a due frati carmelitani; o come quelle de Le sante Maria Maddalena, Caterina d’Alessandria. Caterina da Siena, Lucia e Dorotea rappresentate nel rame comparso presso Colnaghi a Londra nel 1961 (per alcuni dei dipinti qui segnalati si rinvia alla monografia sul pittore curata da Riccardo Lattuada ed edita a Napoli, in seconda edizione dopo quella del 2000, nel 2012).
La Caritas romana in argomento, che per il panneggio delle vesti preziose rinvia anche al noto San Giorgio di Guarini appartenente alla ex raccolta del Banco di Napoli, oggi Intesa Sanpaolo, collocabile cronologicamente verso la fine del quinto decennio del secolo, presenta invece, pur conservando alcuni aspetti della formazione e degli inizi di Guarini in area naturalista, soluzioni di più accentuata inclinazione, per studiata resa formale e compositiva, come pe intenerita intensità espressiva, verso la ripresa di modelli esemplari di Massimo Stanzione dopo il 1630. Con esiti in alcuni casi quasi identici a quelli che si riscontrano in alcuni dipinti di Pacecco de Rosa dopo il 1640 e dopo gli inizi condotti in stretto contatto con Filippo Vitale, che ne avevo sposato la madre rimasta vedova: dipinti come, tra gli altri, la Santa Barbara comparsa in una vendita presso Sotheby’s a Londra nel settembre 2009 o la Sant’Agata di una raccolta privata.
Del resto non sono pochi anche i casi di composizioni assegnate dalla critica recente a Pacecco perché presentano, proprio come la Carità romana in esame, strette connessioni con i modi del pittore di Solofra: al punto da procurare, in alcuni casi, non pochi dubbi sull’assegnazione all’uno o all’altro di alcuni di questi stessi dipinti, che oscillano evidentemente, come la stessa Carità romana in argomento, tra naturalismo di matrice riberesca e classicismo ripreso con moderazione da esempi sia di Guido Reni che del Domenichino.  
 
Referenze bibliografiche essenziali:
 
R. Lattuada, Francesco Guarino da Solofra. Nella pittura napoletana del Seicento (1611-1651). Napoli 2000 (seconda edizione: Napoli2912).
 
V- Pacelli, Giovan Francesco de Rosa detto Pacecco de Rosa 1607 – 1656. Napoli 2008.
 
N. Spinosa, Pittura del Seicento a Napoli da Caravaggio a Massimo Stanzione. Napoli 2010.
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FRANCESCO GUARINI (Solofra 1611 – Gravina di Puglia 1651)

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